Associazione professionale degli osteopati italiani
Il 22 giugno 2019 la Medicina osteopatica ha compiuto 145 anni. Correva infatti l’anno 1874 quando un gruppo di medici americani condotti dal dott. Andrew T. Still definirono la disciplina. Caratterizzata fin dai primordi come un percorso di ricerca e studio continui, le successive verifiche di efficacia aggiornarono costantemente la Terapia Manuale Osteopatica (OMth), ampliandone i campi applicativi interdisciplinari. L’Osteopatia è così giunta fino ai nostri giorni, essendosi evoluta a partire da un metodo fondato sulla conoscenza anatomo-fisiologica per diventare disciplina professionale con riconosciute potenzialità in specifici ambiti di cura e prevenzione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ne ha confermato il ruolo autonomo tra le professioni della salute e una norma di standardizzazione condivisa ne ha riferito le attività e le competenze per l’Europa.
Tuttavia, nell’epoca della comunicazione di massa in cui l’offerta di cure appare illimitata per quanto non sempre regolamentata, si assiste al paradosso per cui quanto più efficace ed attrattiva appaia una metodica tanto più numerosi siano gli operatori sedicenti che dichiarino di saperla interpretare. Il cittadino è, pertanto, esposto al rischio dell’inefficacia terapeutica o, peggio, del danno per la sua salute. Analogamente, la professione non disciplinata rischia di diluirsi nel calderone delle tante tecniche dalla dubbia efficacia, affidate a mani sbagliate o riferite a metodi e comportamenti sbagliati.
In Italia, un primo passo per l’identificazione sanitaria della professione, a difesa della sicurezza delle cure, è stato compiuto dalla legge 3/2018, detta ” DDL Lorenzin”. I rispettivi decreti di attuazione dovrebbero allo stato completarne l’iter, definendo le competenze e le attività consentite, istituendo un Albo professionale per i possessori dei titoli di studio equipollenti e indicando un percorso pedagogico dedicato. Pertanto, fino a quando queste norme istitutive non verranno sancite, gli osteopati italiani saranno contestabili e i cittadini esposti.
La stessa confusione di offerta pedagogica osteopatica, in gran parte incontrollata e autoreferenziale, merita una riflessione a causa della presenza di numerosi corsi e scuole non autorizzate. Da un lato, infatti, assistiamo all’apprezzabile responsabilità di alcuni studenti che scelgono studi in Osteopatia legalmente riconosciuti all’estero e, di conseguenza, autorizzati in Italia dalle autorità competenti. Dall’altro, invece, verifichiamo un numero sempre crescente di giovani e di professionisti sanitari che si orientano verso corsi improvvisati un po’ ovunque, la cui consistenza qualitativa e quantitativa è assai varia, quasi sempre in assenza di controllo terzo ufficiale. Come ignorare al riguardo il rischio di una formazione professionale priva di tracciabilità ai fini dell’equipollenza? In molti casi, neppure l’identificazione sanitaria della professione ha indotto i responsabili di questi corsi e i loro entusiasti clienti a chiedersi quale futuro professionale essi potranno garantire ed aspettarsi.
Ciò nonostante e malgrado la loro condizione, alcuni osteopati italiani dimostrano oggi deontologia e competenza con conseguente gradimento e riscontro terapeutico, spesso documentato in ambito sanitario. Eloquenti al riguardo sono i dati statistici sulla diffusione della professione sul territorio. Né l’effetto placebo evocato dai detrattori, né la necessità di condiscendenza terapeutica dei pazienti appaiono ragioni di per sé sufficienti per giustificare il successo della terapia manuale osteopatica. Piuttosto, i riscontri favorevoli potrebbero essere dovuti al peculiare approccio olistico e a quell’umiltà che fin dalle origini ha connotato gli osteopati, inducendoli a verificare sempre l’efficacia delle proprie manualità, correggere i propri errori, riferirsi continuamente all’anatomia e alla fisiologia per comprendere in profondità e stimolare i meccanismi del corpo umano.
Compito non facile sarà quindi quello delle Autorità italiane nel selezionare non solo i titoli equipollenti ma anche le abilità acquisite dagli osteopati in anni di lavoro, le collaborazioni sanitarie, i riscontri positivi dei pazienti, gli studi e le pubblicazioni, implementando così le potenzialità dell’Osteopatia nel Sistema Sanitario, in ottica di prevenzione e cura interdisciplinare. Obiettivo arduo ma utile alla Salute degli italiani, specie se conseguito con coerenza, ottemperando cioè all’articolo della legge 3/2108 che prevede altresì corsi abilitanti per chi non disponesse di crediti formativi sufficienti.
La nuova Associazione degli Osteopati Esclusivi (ADOE) è nata proprio allo scopo di favorire il completamento dell’iter legislativo per l’istituzione della nuova professione sanitaria dell’osteopata. Il suo obiettivo non è solo la rappresentanza dei professionisti in possesso di titoli di studio conseguiti al termine di studi legalmente autorizzati. Infatti, i soci fondatori con la loro iniziativa non hanno inteso emarginare i colleghi privi di simili requisiti. Al contrario, essi hanno scelto di battersi per il riconoscimento di più alto livello dell’Osteopatia italiana come presupposto per la dignità professionale di tutti quanti gli osteopati, per l’efficacia delle cure e per la gestione del rischio a vantaggio dei cittadini. Nello spirito e secondo il dettato della legge 3/2018, favorendo i processi di verifica e adeguamento delle competenze nei casi in cui queste non fossero immediatamente idonee a consentire l’abilitazione per l’esercizio.
Apprezzabili consapevolezze queste che potranno consentire all’Italia di celebrare col definitivo riconoscimento il futuro traguardo dei 150 anni di storia dell’Osteopatia.